Intelligenza artificiale applicata all’arte: ecco i primi dipinti

 

Intelligenza artificiale applicata all’arte: ecco i primi dipinti

 

Intelligenza artificiale applicata all’arte: ecco i primi dipinti . Di rencente i TG hanno parlato di un dipinto venduto all’asta di New York (Edmond de Belamy battuto alla casa d’aste Christie’s) per 435 mila dollari.

Di per se la notizia non farebbe scalpore se l’autore del dipinto non fosse una “intelligenza artificiale”.

Negli ultimi anni l’uomo ha lavorato molto sull’applicazione della AI (Artificial Intelligence) in vari domini. L’arte è uno di questi e probabilmente è l’ambito più interessante.

Per intelligenza artificiale si intende un software in grado di apprendere dall’esterno e di adeguarsi in automatico. I Chatbot sono un primissimo esempio (ne parliamo in questo altro nostro articolo).

Negli ultimi anni alcuni centri di ricerca americani hanno applicato l’AI all’arte riscontrando una creatività  sottovalutata. Una macchina può dipingere un quadro?

La risposta è si!

Il quadro di cui abbiamo parlato all’inizio del nostro articolo è stato realizzato da un team di ricerca francesce chiamato Obvious.

I ricercatori Piere Frautrel, HugoCaselle-Duprè e Gauthier Vernier hanno realizzato un algoritmo chiamato GAN

(Generative Adversarial Network) ovvero una Rete Antagonista Generativa. Si tratta di un sistema che prevede una contrapposizione tra due reti neurali in modo tale che imparino da sole a fare qualcosa con uno scambio feedback reciproci.

Nella fattispecie il primo algoritmo ha l’obiettivo di analizzare centinaia di dipinti provenienti da un database predefinito (dipinti dal IIXX al XX secolo) per riprodurre uno nuovo come se a dipinderlo fosse una mano umana. Il secondo algloritmo ha la funzione di verifica, ovvero accertarsi se il dipinto fosse stato realmente realizzato da un uomo.

Lo scopo finale dell’algoritmo è ottenere un dipinto in grado di assomigliare a qualcosa effettivamente realizzato dall’uomo a tal punto da ingannare un’altra macchina che a sua volta verifichi l’autenticità.

Da qui è emersa la potente vena creativa dell’AI.

Lo scenario si fa interessante specialmente se si riscontra un valore di mercato elevato. Le case d’asta che valutano i dipinti “tradizionali”hanno sottovalutato i dipinti delle macchine. Anzi, le cifre raggiunte dal dipinto Edmond de Belamy hanno nettamente superato le previsioni degli esperti che valutavano circa 10.000 dollari l’opera d’arte.

Ora la sfida passa al livello etico si pone con un dubbio. Come e se considerare arte un’opera realizzata da una macchina?

In realtà la vendita a quelle cifre di un pezzo “artificiale” conferma la sottile linea di demarcazione tra opera umana e opera della AI.

Se vogliamo soffermarci sull’applicazione della AI nell’arte, vediamo come negli ultimi anni (dal 2016 e 2017) Google AI e la Rutgers University hanno presentato il concetto di CANs (Creative Adversarial Networks). Si tratta di un processo con cui una intelligenza artificiale può creare un’opera d’arte simile a quelle realizzate dall’uomo attraverso l’analisi di opere realizzate in passato. Di seguito troviamo un video sull’argomento.

 

Fino ad oggi comunque, l’intelligenza artificiale è stata già impiegata nell’arte ma per scopi di utilità e non creativi.

Facciamo riferimento a Smartify l’applicazione in grado di riconoscere l’autore dell’opera con il semplice inquadramento nella fotocamera dello smarpthone. Oppure parliamo di ArtBeamer, strumento per vendere e visionare i quadri grazie all’integrazione di realtà aumentata e intelligenza artificiale. iTPC, applicazione dei carabinieri per combattere i reati contro il patrimonio culturale e scoprire le opere rubate.

Oggi si supera il confine utilitaristico dell’intelligenza artificiale per sfociare nella creatività.

Avremo un futuro con macchine artisti come Van Gogh?

A voi  la risposta…

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